Stats Tweet

Svetònio Tranquillo, Càio.

Erudito e biografo latino. Nato da una famiglia dell'ordine equestre, visse a Roma nell'ambiente della corte imperiale, cui fu introdotto dall'amico Plinio il Giovane, grazie al quale poté accedere, dopo avere esercitato l'avvocatura e la professione di grammatico, alla carriera di funzionario imperiale. Dopo aver sovrinteso agli uffici imperiali (procurator a studiis) e alle biblioteche (procuarator a bibliothecis), fu segretario dell'imperatore Adriano (procurator ab epistulis), ma venne allontanato dalla carica nel 121, forse per un comportamento scorretto nei confronti dell'imperatrice. Della sua vita non si conosce altro, se non che venne dedicata agli studi di antiquaria e alla composizione delle sue opere. Della maggior parte della sua produzione non ci resta che qualche frammento e citazioni di autori più tardi: in particolare, delle due opere enciclopediche Roma e Prata (10 libri di argomenti vari) ci è giunto poco più che il titolo. Il nome di S. è per noi legato alla produzione biografica, così come ci è nota dal De vita Caesarum e dal De viris illustribus. Il primo, che ci è pervenuto quasi intatto benché mutilo della dedica al prefetto del pretorio Setticio Claro, comprende le 12 vite degli imperatori da Cesare a Domiziano (per cui l'opera è nota come Le vite dei dodici Cesari), divise in otto libri: i primi sei dedicati agli imperatori della dinastia Giulio Claudia, il settimo agli imperatori Galba, Ottone e Vitellio e l'ottavo ai tre Flavi, Vespasiano, Tito e Domiziano. Ogni vita è disposta secondo uno schema preciso, di ascendenza alessandrina: notizie genealogiche e sulla nascita, narrazione della vita prima dell'elezione al principato, storia del principato mediante il racconto di episodi raggruppati per argomenti e tesi a illustrare la vita pubblica separatamente da quella privata, i vizi e le virtù. Questa partizione implica una netta prevalenza dell'aneddotica sulla cronologia e rende evidente come l'ispirazione di S. non fosse quella dello storico (mancano lo studio delle cause e degli effetti degli eventi, lo sforzo interpretativo dei personaggi, la riflessione sui fatti bellici e politici) ma piuttosto del libellista, alla ricerca del particolare, anche salace, che mantenesse viva la curiosità del lettore. Le fonti dell'opera furono da un lato gli archivi imperiali cui S. aveva accesso nel suo lavoro, dall'altro le fonti letterarie. Di valore più erudito che artistico il De viris illustribus, pervenutoci solo in parte: restano infatti solo 20 biografie di grammatici e cinque di retori. L'opera era divisa in sezioni: de poetis, de oratoribus, de historicis, de philosophis, de grammaticis et rhetoribus. Anche in questo caso lo schema era fisso: ogni sezione era preceduta da un'introduzione sul genere letterario in cui si erano cimentati gli autori trattati; seguivano le singole vite, variamente suddivise (nascita, opere e personalità, morte). Lo stile di S. non ha una cifra personale di qualche evidenza, pur offrendo una prosa piana e chiara che fece la sua fortuna nelle epoche seguenti: predilesse la paratassi, animata da una certa varietà del lessico (che comprendeva volgarismi, arcaismi, gergo poetico ma anche familiare). Le Vite di S. diventarono modello per tutta l'età tardo-antica e il Medioevo del genere letterario della biografia (70 circa -140 circa).